Context Is Queen: il contesto è più importante del contenuto

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Intro: Il contenuto è davvero il re, come scrisse Bill Gates nel lontano 1996? Qui ti spiego perché non è così, e perché ritengo che il contesto sia più importante del contenuto.

Il primo marzo del 1996 Bill Gates scrisse un articolo, pubblicato sul sito della Microsoft, intitolato “Content is King”, divenuto poi una sorta di mantra per tutti quelli che si occupano di Content Marketing e blogging.

Ma è davvero così? Il contenuto è davvero la cosa più importante?

Partendo dal testo di Bill Gates cercherò di spiegare perché, nonostante ritenga molto importante il contenuto, quest’ultimo risulterebbe inefficace se inserito in un contesto inappropriato.

Insomma, la mia testi è la seguente, già espressa in altre occasioni:

[Tweet “Content sarà anche King, ma #ContextIsQueen, e si sa che a comandare davvero sono le donne!”]

Ma andiamo per gradi, e partiamo proprio dall’articolo di Bill Gates del lontano 1996.

Content Is King: l’opinione di Bill Gates

Content is where I expect much of the real money will be made on the Internet, just as it was in broadcasting.

Inizia così l’articolo di Bill Gates intitolato “Content Is King”, che puoi recuperare grazie ad Archive.org, cliccando qui.

Per quanto possa essere interessante, e certamente autorevole, questo breve essay del fondatore della Microsoft è, in realtà, molto confuso.

Leggendo (mi sa che pochi lo hanno fatto davvero), in effetti, si fa un po’ fatica a capire il punto centrale della testi esposta da Gates, ma facendo uno sforzo potremmo sintetizzarla così:

  • Internet consentirà ai publisher di produrre e distribuire i contenuti in modo più semplice, immediato, allargando la propria audience e ad un costo più basso;
  • Il reale vantaggio di tutto questo è il futuro (per il 1996) guadagno derivante dall’advertising online.

Insomma, si parla di soldi, in realtà, e non di contenuti e della loro importanza per la diffusione della conoscenza.

In un passaggio, Gates fa l’esempio delle riviste scientifiche, che hanno una audience molto limitata quindi un costo di produzione elevato, sostenendo che Internet consentirà ai vari editori di invertire la tendenza, allargando l’audience e abbattendo in modo netto i costi.

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Tutto l’articolo è così incentrato, di fatto, sui soldi, che in un passaggio l’autore afferma quanto segue:

Una delle cose più eccitanti di Internet è che chiunque abbia un PC e un modem può pubblicare qualsiasi contenuto possa creare. In un certo senso, Internet è l’equivalente multimediale della fotocopiatrice. Permette di duplicare il materiale a basso costo, indipendentemente dalle dimensioni del pubblico.

L’ossessione per il basso costo fa quasi sorridere, considerando che a scriverlo è l’uomo più ricco del mondo.

Detto ciò, ci sono alcuni spunti interessanti da assimilare, legati al ruolo dei contenuti e allo sforzo da parte dei produttori di abbandonare le dinamiche che regnano nel mondo delle riviste cartacee, per creare qualcosa che valga il tempo e l’attenzione dell’utente.

Stiamo parlando del 1996, Internet non era ancora esploso come fenomeno di massa, le connessioni erano lente e la revenue era tendente allo zero, ma bisogna dare atto a Bill Gates di averci visto lungo, mettendo al centro di tutto i contenuti, intesi non solo come articoli, ma video, audio, immagini, software, e così via.

Detto da chi ha sviluppato Internet Explorer, non è male 😀 .

Context Is Queen: cosa si intende per contesto

Cosa significa la parola “contesto”? Quello che interessa a noi è, come puoi immaginare, il suo significato in linguistica.

Secondo il dizionario della lingua italiana, il contesto si riferisce “agli elementi linguistici di un testo, il loro insieme e i rapporti che li legano l’uno con l’altro così da essere pienamente significativi solo se presi nel loro complesso”.

Non ti ammorberò ora con riferimenti colti di vari linguisti, come Wittgenstein, Frege, Chomsky e così via, ma ci tengo a sottolineare un elemento importantissimo:

[Tweet “Grazie al contesto noi siamo in grado di comprendere il senso di una parola o di un discorso. “]

In che modo questo influisce sul blogging e, in particolare, sulla SEO?

Te lo spiego subito.

Continua a leggere!

Context Is Queen: dare punti di riferimento certi al lettore

La prima cosa da considerare, quando si parla di contesto legato al mondo del blogging, è chi dovrà fruire e analizzare i tuoi contenuti, quindi il lettore.

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Se apri un blog al cui interno parli di tutto e di niente, con articoli slegati tra di loro dal punto di vista tematico, rischi di confonderlo, costringendolo a fare uno sforzo maggiore per incasellare il tuo sito all’interno di uno o più slot del proprio database mentale.

Durante i miei Corsi in Blogging e SEO Copywriting dico sempre ai miei allievi che un blogger può definirsi tale nel momento in cui si focalizza su un ambito specifico e lo sviluppa in verticale, e non quando scrive di tutto quello che gli passa per la mente.

Perché?

Perché il contesto è importante, e se non crei un ambiente al cui interno il fruitore dei contenuti possa orientarsi con facilità, l’efficacia del tuo lavoro potrebbe essere compromessa in modo netto.

Quindi, se vuoi fare il blogger, devi scegliere un argomento, o un ristretto insieme di contenuti interconnessi tra loro (ad esempio blogging e social media), e produrre articoli muovendoti all’interno di questo contenitore ben definito, che è, appunto, il contesto.

Context Is Queen: l’importanza del contesto nella SEO

Non sono il primo (of course!) a parlare dell’importanza del contesto nella SEO, c’è una nutrita letteratura in merito, soprattutto in lingua inglese, tutta convinta di un concetto molto semplice:

Il motore di ricerca si evolve costantemente, lavorando non solo sulla query digitata dall’utente, ma su una serie di informazioni implicite univoche, che producono (o produrranno) SERP sempre più personalizzate.

Questo vale ancora di più quando ci si riferisce alle ricerche vocali e quelle locali.

In un interessante articolo intitolato “The Future of SEO – from Keyword to Context” c’è un esempio, corredato da una infografica, che credo sia molto eloquente.

In poche parole, se effettui una ricerca su Google da casa, prima di partire per un viaggio a Zurigo, digiterai una query composta in questo modo: “Migliore posto per fare colazione a Zurigo”.

Una volta arrivato a Zurigo, però, ti basterà prendere lo smartphone e, con la ricerca vocale, dire al tuo assistente vocale “Ho fame”.

L’analisi semantica, la geolocalizzazione, la cronologia delle ricerche e l’orario andranno ad influenzare i risultati della ricerca, risultando più che sufficienti per ottenere quello di cui hai bisogno.

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Si tratta di informazioni implicite, in possesso del dispositivo e del motore di ricerca, che rappresentano il contesto all’interno del quale ti muovi.

In un ottimo articolo pubblicato da Tom Anthony su Moz, dal titolo From Keywords to Contexts: the New Query Model, si legge infatti:

La query è composta dalle parole chiave che abbiamo digitato esplicitamente, ma anche dalla parte implicita della nostra richiesta basata sul nostro contesto. […] L’aspetto implicito delle query proviene dal contesto degli utenti, quindi questi due concetti sono completamente intrecciati.

Questo come impatta sulla produzione di contenuti SEO oriented?

Beh, non è più sufficiente concentrarsi sulla sola keyword research – comunque importante, sia chiaro – ma dovrai lavorare su un contesto chiaro, che sia costruito in modo tale da intercettare un pubblico specifico, concentrandoti sugli argomenti e sulle domande degli utenti.

[Tweet “Insomma, dovrai studiare il contesto prima di lavorare al contenuto. #ContextIsQueen”]

Per approfondire questo tema, ovvero di quanto sia importante focalizzare la produzione di contenuti o pagine sui topic rilevanti per gli utenti e non solo sulle keyword, ti lascio qui un video del grandissimo Rand Fishkin.

Conclusioni

I contenuti, per quanto ben sviluppati, valgono meno di zero se non si è in grado di mostrarli a persone potenzialmente interessate ad essi, il famoso pubblico profilato di cui tutti parlano.

Per produrre contenuti efficaci, quindi, devi smetterla di lavorare su ciò che piace a te e che può consentirti il posizionamento sui motori di ricerca e iniziare ad analizzare le domande che gli utenti si pongono online, non solo su Google, creando un contesto adeguato.

Se gli utenti, e Google, capiscono di cosa ti occupi e ritengono i tuoi contenuti utili, allora verrai premiato. Ma se produci contenuti #acazzodicane, spaziando da un argomento all’altro senza soluzione di continuità, non stupirti se non li leggerà nemmeno tua madre.

Ad esempio, se hai un blog che parla di salute, puoi produrre contenuti anche sul benessere e l’alimentazione, senza per questo uscire dal contesto, perché c’è un legame che unisce questi topic.

[Tweet “Ricordati, il contenuto è nulla senza il contesto. #ContextIsQueen!”]

Francesco Ambrosino

Classe 1984, Digital Marketer specializzato in Gestione Blog Aziendali, Formazione Professionale, SEO Copywriting, Social Media Management e Web Writing. Membro di Open-Box e Comunicatica, co-creatore di Digitalklive

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