Intro: Oggi non si può parlare più di niente, tutti si offendo, si indignano. Ma se non ci confrontiamo con gli altri, come cresciamo?
Uno dei miei comici e attori preferiti è Ricky Gervais, lo trovo geniale. Nel suo spettacolo Humanity (che ti consiglio), esprime un concetto fondamentale: tu puoi avere le tue idee, ma non puoi avere i tuoi fatti (la traduzione rende poco, chiedo scusa).
Insomma, puoi dire e scrivere sui social quello che cazzo vuoi, ma non puoi pensare che la tua opinione valga quanto un dato incontrovertibile.
Continuando nel monologo, c’è poi una battuta geniale che puoi ascoltare in questo brano dello spettacolo.
Si riferisce all’idea folle di chiedere l’opinione dell’uomo comunque, notoriamente un cretino, su questioni di enorme importanza. In merito alla Brexit, nello specifico, lui fa questo esempio: sulle bottiglie di candeggina abbiamo dovuto scrivere “Non bere” perché l’uomo medio è un decerebrato. Benissimo, togliamo l’etichetta per due anni e solo dopo indiciamo un referendum.
Ancora, si chiede per quale motivo la gente sui social prenda tutto quello che qualcuno scrive sul personale, e se ci pensi è verissimo: se scrivi qualcosa su qualunque tema, c’è sempre un tizio da qualche parte che si offende e rompe il cazzo.
Di cosa parlo in questo post
Non si può parlare di niente senza offendere qualcuno
Oggi non si può parlare più di niente, tutti si offendo, si indignano, scrivono su Facebook, fanno live su Instagram, twittano, creano room su Clubhouse, peccato che l’offesa, l’indignazione, il fastidio, durino quanto una piantina di basilico lasciata al sole sul balcone.
Se sei bianco, non puoi parlare dei problemi degli afro discendenti. Se sei etero, non puoi parlare di omosessualità. Se sei onnivoro, non puoi parlare di veganismo. Insomma, nessuno può più parlare di ciò che è diverso da sé, perché altrimenti si finisce nella cultural appropriation, e qualcuno si offende.
Non parlo di cose che non conosco, ma voglio almeno ascoltare
Tutto giusto, io sono il primo a odiare chi parla di ciò che non conosce, ma trovo molto pericoloso questo approccio portato all’estremo. Sì, perché se io posso parlare solo di ciò che appartiene alla mia bolla, allora le differenze andranno ad acuirsi anziché diradarsi, ed è esattamente l’opposto di ciò che ci serve oggi (e domani).
Se mettessimo da parte l’indignazione a targhe alterne e accettassimo l’idea di confrontarci con gli altri, otterremmo molti più risultati.
Invece di parlare di quello che non sappiamo, potremmo fare delle domande e lasciare che siano gli altri a raccontare il loro mondo, perché nella vita si può anche solo ascoltare, non bisogna per forza parlare
Parliamo, confrontiamoci; hai visto mai che impariamo qualcosa.
Se, invece, continuiamo a parlarci addosso, possiamo solo indignarci per ogni cazzata senza crescere mai.